Il tema del doppio ha sempre affascinato gli autori di grandi romanzi, soprattutto dopo Freud, che ha permesso di sviluppare l’analisi e l’introspezione psicologica.
Sebbene abbia origini molto più antiche, il tema del doppio si sviluppa con la dicotomia ottocentesca tra il bene e il male: il “doppio” è un’entità ben distinta dall’individuo, sebbene l’origine sia comune, mentre il “lato cattivo” si manifesta, scindendosi, soltanto grazie a pretesti narrativi.
Pensiamo a due esempi illuminanti della letteratura inglese, come “Lo strano caso del dotto Jekyll e Mister Hyde”, in cui Jekyll è luce, Hyde è ombra, o come “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde in cui il protagonista, ossessionato dal culto della propria bellezza, desidera a tutti i costi restare eternamente giovane, e si affida ad un “patto con il diavolo”, chiedendo di far invecchiare al suo posto un quadro che lo ritrae.
E mentre il suo aspetto fisico rimane immutato, è il ritratto ad abbruttirsi a seguito delle sue malvagità.
Ma è con la questione pirandelliana sull’identità che il tema del doppio si sviluppa interrogandosi sulla molteplice natura umana, in maniera meno ingenua e romantica.
Come dimenticare “Il fu Mattia Pascal” che gioca sull’equivoco tra vita e morte?